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Alla fine degli anni Cinquanta, Rosa si trasferisce dal Sud al Nord Italia. È una donna intransigente che insegna alla figlia - colei che ci racconta la storia - il primo comandamento cui ogni donna deve obbedire: «Non piangere.» Rosa è la madre di Francesco che, a seguito di un incidente subito dopo la nascita, ha una forte disabilità. La lotta di Rosa per migliorare la vita di suo figlio diventa subito la lotta per i diritti di tutti coloro che non possono combattere per se stessi. In queste pagine, Rosa è una madre della quale la figlia racconta la vita; ma è anche, semplicemente, l'Italia: l'Italia ancora stordita dalla guerra negli anni Cinquanta, quella euforica dei Sessanta, quella turbinosa dei Settanta, quella privatizzata degli Ottanta, quella svuotata dei Novanta. Un'Italia, Rosa, messa alla prova da un marito da cui sceglie di fuggire, dalla disabilità del figlio, dalla figlia con la quale il rapporto è tanto stretto quanto conflittuale, dai cambiamenti sociali e politici che le avvengono intorno. L'Italia è anche quella raccontata dalla figlia, oggi, una nazione che non intende rinunciare alla propria storia e che vuole inventarne una nuova. "L'eredità dei vivi" è un romanzo politico, se politica è la lotta da combattere per attraversare i cambiamenti, per affermare i propri diritti, per avere la vita che si desidera. E questo romanzo ci dice che anche i sentimenti, anche i corpi, soprattutto i corpi, sono intensamente politici.