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Questo libro intende richiamare l'attenzione su un rilievo banale ma gravido di conseguenze sul piano pratico: se cambia il modo di concepire il linguaggio come principale strumento comunicativo, muta anche la concezione del diritto. Se si abbandona la vecchia semiotica a vocabolario (per la quale ogni termine ha uno o più significati, tutti predeterminati) e si passa a una semiotica a enciclopedia (per la quale ogni espressione acquista un senso definito solo in uno specifico contesto) l'interprete è destinato ad assumere un ruolo di primo piano, giacché è il solo in grado di far parlare i testi, ricostruendo gli scenari di riferimento. In questa prospettiva il diritto non è uno statico complesso di norme, bensì un'attività, nella quale il legislatore, il giudice e l'interprete non togato collaborano per mettere ordine nei rapporti sociali.