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La rosa è senza dubbio la regina dei fiori. È semplicemente ovunque, non solo nella vita quotidiana, ma anche nell'arte, nella letteratura e nella cultura pop, da quando in Medio Oriente, due millenni fa, si fece conoscere per il suo profumo e per le sue proprietà medicinali. Da allora la rosa non ha perso nulla del suo fascino, anzi, ha viaggiato nel mondo diventando uno dei fiori più adorati in tutti i Paesi. Quello che è meno chiaro è come e perché proprio lei tra tutti i fiori sia diventata così onnipresente, fonte o ornamento di tanti miti, iconografie, linguaggi simbolici: la rosa è cristiana e pagana, mistica e terrena, richiama la bellezza più pura come il presagio della sua corruzione; rappresenta l'amore romantico ma lascia intravedere il vizio e il peccato; può servire a dire la passione più sincera e la più crudele delle bugie. Il segreto della sua fortuna sta nell'essere un meme di antichissima origine, capace di viaggiare lungo le generazioni e le società; anzi, la rosa è un «potente amalgama di memi, un memeplex di grande successo che per evolversi o replicarsi si è adattato al rinnovamento degli ambienti culturali, si è dotato di difese a tutela di certi propri aspetti e nel frattempo è rimasto sempre connesso, in quanto schema significativo di informazioni, alla mente umana». Dai Sonetti di Shakespeare al rock dei Grateful Dead, dall'Inghilterra vittoriana all'alta moda francese, Simon Morley con il suo "Non solo rose" ci racconta la storia curiosa e affascinante di un fiore che, con la sua malia e la sua resistenza, ha sedotto il mondo intero, in ogni epoca e a ogni latitudine. E quando ci capiterà di guardarne una, sapremo meglio quello che abbiamo sempre intuito: una rosa non è mai solo una rosa.