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«Il cucchiaio non ha gambe, eppure viaggia. Alle peripezie delle posate associamo guerre, colonizzazioni e sanguinosi saccheggi. Ma il cucchiaio viaggia anche come regalo, messaggero e simbolo di un impegno. L'apparizione di questo oggetto in un luogo lontano dalla sua terra non è quindi mai priva di significato». Seren non conosce ancora le Memorie di un collezionista del colonnello Montgomery Philipps, quando nota per la prima volta il cucchiaio che giace muto sul comodino, vicino al letto del padre appena morto. «Viviamo circondati da cose a cui non diamo alcuna importanza finché non scompaiono, si rompono o si rivelano sotto una luce nuova» medita fra sé, in quella notte in cui nessuno dorme all'Hôtel des Craves, nel Galles, e il lutto avvolge sua madre, i suoi fratelli, i suoi nonni. Ma Seren non riesce a concentrarsi su nient'altro che quell'oggetto, un estraneo fra i servizi di posate dell'albergo di famiglia. Il nonno Pompom, alcolista impenitente, da intenditore vi ravvede somiglianze con un tastevin proveniente dalla Borgogna. Armata di un irrefrenabile bisogno di sapere e pure di un certo spirito d'avventura, Seren sbarca in Francia al volante della vecchia Volvo 145 di suo padre, con il libricino del colonnello Philipps in tasca, sperando di trovare la chiave per decifrare l'enigma che ormai l'ossessiona. La guida a destra le fa perdere l'orientamento, e il francese è ben altra cosa dalla lingua insegnata a scuola da madame Llewellyn: dopo un viaggio on the road costellato di contrattempi, malintesi e incontri rivelatori, con il suo cucchiaio in tasca Seren giungerà a un castello ricco di storie. E lì troverà la sua. Un romanzo pieno di tenerezza e di fresca ironia, sospeso tra la commozione e il sorriso, un inno all'adolescenza e alla sua capacità di credere, sempre, anche nei momenti più bui, nella vita e nei suoi imprevisti.