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Constance è nella situazione di tante madri, durante una separazione tumultuosa: problemi con suo figlio, problemi con il suo ex, problemi di soldi, problemi di letto. Ma niente ha più importanza, per lei. Ha lasciato suo marito dopo vent'anni di matrimonio, ha lasciato il lavoro di avvocato per scrivere il suo libro, ha lasciato gli uomini per passare da una donna all'altra, cercando una nuova parte di sé. Aveva tutto, ora non ha più niente, niente che possa dirsi suo. Meno proprietà possibili, case, luoghi, esseri umani. Al diavolo tutte le menzogne della vita borghese. Rimane solo Paul, suo figlio, l'unico richiamo alla vita che ha vissuto, l'unica proprietà che non può abbandonare: la battaglia legale per il suo affidamento è un basso continuo che la sfinisce con la sua sorda violenza burocratica. Eppure, anche il dolore, quello più sacro, più antico di tutti, ha un punto di non ritorno. E quello che resta, dopo, appartiene a una storia che solo Constance può scrivere. Una scrittura senza compromessi, tagliente e sincera fino allo spasimo, che s'interroga sull'estremo, innominabile confine, laddove finisce una madre e comincia una donna.