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Ho letto le autobiografie di Andre Agassi, Monica Seles e Serena Williams, e so che molti altri atleti hanno impresso le loro prodigiose gesta su un libro. Quanto sarebbe meraviglioso poter scrivere di essersi fatti un gran mazzo e di aver vinto tutto quello che si sognava di vincere da bambini? Ci avete mai pensato? Il mondo intero rimarrebbe a bocca aperta se aveste una simile dichiarazione, sareste considerati dei fenomeni, delle leggende, degli esempi da seguire. Il problema è che di Andre Agassi ce n'è uno su un milione, forse. Gli altri 999.999 sono comuni mortali che perseguono obiettivi molto meno pretenziosi e non hanno la minima idea di cosa voglia dire avere una vita così di successo. Io sono una tra quei 999.999, e ho deciso di scrivere le mie gesta tragicomiche per tutti coloro che sono come me: appassionati, sognatori, persone alla perenne ricerca di piccole grandi soddisfazioni. Sportivi qualunque. Tennisti normali a cui non sono stati donati né il diritto di Federer, né la caparbietà di Nadal. Scrivo per quelli che entrano in campo con la paura di perdere e quando inaspettatamente arrivano al match point si rendono conto di avere il terrore di vincere, sebbene non si trovino affatto sul campo centrale di Wimbledon. Racconto la mia storia a chi non prende una multa se fracassa per terra la racchetta in mondovisione, ma due sberle dalla mamma nella privacy della sua cameretta sì.