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Per Schopenhauer la saggezza indiana era "l'antica, vera, profonda religione". Le Upanishad contenevano "concetti pressoché sovrumani", i loro autori non erano "pensabili come semplici uomini"; e il più grande evento positivo del diciannovesimo secolo era "il graduale incremento della conoscenza della saggezza indiana". Egli predisse che gli insegnamenti tradizionali indiani sarebbero divenuti per le masse occidentali la nuova religione, e che lo studio del sanscrito sarebbe divenuto per l'Europa ciò che era stato lo studio del greco nel Rinascimento. Il rinnovato interesse agli insegnamenti upanishadici è dovuto in parte a una reazione al decadimento dei valori morali; i progressi scientifici e tecnologici non bastano all'uomo, che sente la necessità di un progresso nella dimensione spirituale. Per comprendere in profondità la tradizione metafisica indiana, occorre prima di tutto attingere alle fonti originali. Questo testo espone le principali dottrine upanishadiche su una base strettamente razionale e nel contempo introduce a quella disciplina e a quella meditazione necessarie per la realizzazione effettiva dell'identità con l'Assoluto.