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Nell'Ottocento le capacità di leggere, scrivere e far di conto si diffusero come mai prima e in Italia l'alfabeto finì per essere proposto, attraverso la scuola, come cemento dell'unificazione nazionale. Non furono solo gli sforzi di intellettuali e autorità illuminate a portare sempre più bambini sui banchi: scuola, alfabeto e nazione si saldarono al calore del conflitto fra progetti di riforma e resistenze di ogni sorta, mentre tecnologia e mercato si adattavano dando forma a nuove didattiche, preparando e assecondando nuovi lettori. La professione degli insegnanti elementari prese forma nell'arco di un secolo e li proiettò nel vivo di aspri confronti. L'istituzione scolastica affermò la sua autorità mostrandosi depositaria di saperi fondamentali che la vita fuori dalle aule non bastava a fornire. L'analfabetismo divenne, così, un tratto patologico delle periferie della nazione e gli analfabeti un oggetto di attenzione sociale.