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L'oblio, spesso considerato come semplice défaillance della memoria, come una lacuna o una mancanza, è in realtà una componente essenziale del nostro funzionamento psichico. Freud vede in esso una difesa e, con il concetto di rimozione, colloca tale fenomeno al centro della psicoanalisi. Ma viene valutata tutta la ricchezza di un approccio che va ben oltre questa prima caratterizzazione? Individuare in psicoanalisi le forme cliniche dell'oblio, ma anche le sue funzioni - normali o patologiche -, porta a riconsiderare tutto l'apparato psichico nei suoi movimenti dinamici. Da qui l'importanza di questo testo, che esamina i contributi di Freud e di Ferenczi - ma anche di Winnicott, di Bion, di Andre Qreen - e da spazio ai dibattiti del nostro tempo. Interpretando la rottura tra Freud e Jung, l'autrice si interroga sugli oblii sintomatici della società contemporanea e su quelli della stessa psicoanalisi nel corso della sua storia: la sessualità infantile e l'"uccisione del padre", legati alla rimozione originaria, producono costantemente nuove forme di occultamento. Questa sintesi dei punti di riferimento fondamentali del pensiero clinico fornisce spunti di riflessione mettendo in evidenza le implicazioni essenziali della pratica psicoanalitica, e costituisce un prezioso strumento di dialogo con la filosofia, la letteratura, le neuroscienze e le scienze sociali.