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"La fabula di Piramo e Tisbe" (Metam., IV, 55-166) è stata, attraverso i secoli, al centro di una nutrita serie di rielaborazioni, riscritture e transcodificazioni di varia natura che hanno evidenziato e, per così dire, celebrato secondo diversificate modalità l'eterna universalità del suo pattern narrativo e della sua "sostanza" antropologica. Il presente volume analizza e scandaglia la complessa e stratificata ricezione dell'episodio ovidiano entro la letteratura e la cultura italiana tra Medioevo e Età moderna. Cantari, volgarizzamenti, novelle, poemetti, favole pastorali, tragedie e melodrammi costituiscono i principali tasselli di un affascinante e caleidoscopico viaggio storico-letterario che mostra ad abundantiam l'estrema vitalità del mito dei due giovinetti babilonesi e chiarisce, grazie alla verifica degli "scarti" intertestuali rispetto all'ipotesto, come le multiple riformulazioni del récit ovidiano (capace di ridisegnare continuamente la propria identità e il proprio destino aderendo ai terreni culturali e spirituali più disparati) riflettano e manifestino di volta in volta istanze e funzioni molto differenti tra loro, variamente connesse alle intentiones auctoris e ai contesti storico-sociali di riferimento, in un infinito gioco metamorfico di forme e idee, immagini e significati.