Tab Article
Il saggio interpreta il corso dei fiumi, che si incontrano nella Divina Commedia, come metafora della vita umana, nelle diverse modalità della degenerazione; della rigenerazione, e della gloria sempiterna, quale dimensione beatifica, in cui l'uomo si realizza pienamente, godendo dell'autentica felicità al cospetto del Sommo Bene. I fiumi infernali, Acheronte, Stige, Flegetonte e Cocito, rappresentano la progressiva degenerazione della vita umana, la quale, malata e peccaminosa, si irrigidisce gelida nella morte; i fiumi purgatoriali, Lete ed Eunoè, mostrano invece la rigenerazione umana conseguente alla purgazione dal peccato, una rigenerazione che consta sia della virtuosa motivazione verso il bene, che progressivamente si corrobora, sia del superamento "dereflessivo" del male compiuto, superamento che comporta un rinnovamento integrale della persona. Questo rinnovamento virtuoso si apre al Sommo Bene e alla trascendenza. Il fiume di luce paradisiaco ne è il simbolo più adeguato: un flusso di luce che procede da Dio ed "epistroficamente", in forma di candida rosa, a Dio ritorna, come al Sommo Bene, Suprema origine amorevole del nostro essere, in cui l'essere umano riconosce la propria fonte e in essa contempla appieno la bellezza del proprio mistero, un mistero che solo amore e luce ha per confine.