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La musica si offre al nostro orecchio e al nostro esserne gli interpreti bilanciando sempre quelle che sembrano essere le sue due qualità distintive e contrapposte: l'ineffabilità e la capacità di comunicare sensazioni, atmosfere, storie in maniera chirurgica. La faccenda si complica ulteriormente quando abbiamo a che fare con la musica che ascoltiamo tutti i giorni, attraverso quelli che ci ostiniamo a chiamare dischi. È la musica che chiamiamo registrata e che, però, quasi mai è registrata e basta. La musica rappresenta un problema per la semiotica, che come tale l'ha sempre trattata. Al punto che è forse questo il suo campo di applicazione più trascurato. Il significato della musica è stratificato: ha a che fare tanto con i suoni che essa contiene, e che ci sottopone in presa diretta o in forma mediata, quanto con le parole e le pratiche che costruiamo attorno a questi suoni, e che finiscono per orientarne profondamente il senso. Questo libro si concentra su alcune questioni centrali per una semiotica della musica che voglia comprenderla come fatto comunicativo, proponendo alcuni modelli per provare ad attraversare questo campo con uno sguardo - un orecchio - nuovo: la mediazione e il linguaggio fonografico; l'enunciazione e le sue diverse configurazioni; la nozione di genere e i generi musicali intesi come sistema discorsivo, dove la musica si dà appieno nella sua dimensione sociale e al cui interno tradizione e innovazione finiscono per sciogliersi l'una nell'altra.