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Nel vasto e articolato panorama degli studi dedicati a Daniele Barbaro (1514-1570), questo è il primo volume interamente consacrato alla sua "prospettiva". Membro di una delle più importanti e antiche famiglie patrizie di Venezia, Barbaro conosce un'interruzione del cursus honorum quando la Serenissima gli chiede di lasciare l'incarico di ambasciatore, presso la corte di Edoardo VI d'Inghilterra, per essere eletto patriarca di Aquileia in pectore. Poiché questo ufficio è solo nominale, egli ha più tempo per dedicarsi agli studi e, dopo un esordio letterario-filosofico, si impone nella cultura rinascimentale europea con la traduzione e i commenti a I dieci libri dell'Architettura di Vitruvio. La pratica della perspettiva, pubblicata nel 1568, è un'opera della maturità, con la quale si propone un "recupero filologico" della disciplina, ampliando l'orizzonte tramandato dagli antichi e disorganicamente affrontato dai moderni. L'opera di Barbaro, che corregge gli errori compiuti dai suoi predecessori e diffonde i contenuti basilari del De prospectiva pingendi di Piero della Francesca, giunge in un momento cruciale della storia della rappresentazione, poiché, nella seconda metà del Cinquecento, la prospettiva rivela la sua doppia natura, divisa tra arte e scienza. Effettivamente, il trattato di Barbaro è indirizzato a pittori, scultori e architetti, ma l'esposizione rigorosa e la vocazione enciclopedica lo trasformano in un tentativo volto a mettere insieme le due anime separate della prospettiva, quella artistica e quella matematica. Nel trattato confluiscono passioni personali, esperienze di vita vissuta e, naturalmente, le ampie conoscenze scientifiche e umanistiche dell'autore. Questo volume ne ricostruisce, attraverso un'analisi dettagliata, tutte le declinazioni dell'universum prospettico, seguendo un discorso esegetico che parte dal libro stampato e si estende ai manoscritti relativi, oggi conservati presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. In particolare, il codice It. IV, 39=5446 spiega come delineare pianta, prospetto e prospettiva dei solidi, ma il lettore paziente troverà al suo interno anche informazioni estemporanee, che forniscono spunti di riflessione sugli episodi vissuti da Barbaro e sulle sue idee relative alla pittura. Le pagine di questo volume sono state suddivise in due sezioni. L'apparato critico della Parte 1 serve ad inquadrare l'uomo, le sue conoscenze e le sue idee sulla prospettiva, evidenziando i debiti nei confronti di altri autori, ma anche l'eredità lasciata da Barbaro, che sarà raccolta nel Seicento. La Parte 2 riporta invece la trascrizione completa del manoscritto It. IV, 39=5446, corredata di immagini, con lo scopo di rendere godibile uno scritto che, dopo secoli, conserva ancora la sua valenza didattica e indica la via per la soluzione di complicati esercizi. Il risultato finale consiste nella corretta definizione del posto che spetta a Daniele Barbaro nell'ambito della storia della rappresentazione e nel deciso superamento del "limitare della porta" che ci separa dal suo mondo prospettico.