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"A Papa Grigorio je volevo bbene perché me dava er gusto de potenne dì male, scriveva sarcasticamente Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863), uno dei più grandi poeti in dialetto della letteratura italiana. Una frase divenuta celebre quando fu pubblicato il monumento dei suoi 2279 sonetti in romanesco dedicati alla Città eterna. Ma l'irriverente battuta non fu mai usata in un componimento e rimase annotata tra fogli di appunti che Belli teneva segretamente chiusi nei suoi cassetti: centinaia di carte che contengono idee, versi e spunti per i sonetti, ma anche repertori lessicali e gergali, liste di proverbi e modi di dire, usi, credenze e superstizioni popolari di cui questo volume rappresenta la prima edizione critica completa e annotata. Un patrimonio linguistico e culturale non tanto lontano da quello dei sonetti, a confermare, se ce ne fosse ancora bisogno, la straordinaria perizia dialettologica e folkorica di Belli".