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Il volume si propone di sceverare le teorie retoriche sulle prove giudiziarie nell'esperienza giuridica romana di età repubblicana, tracciandone le basi ricostruttive teoriche, contenute nelle prime elaborazioni risalenti all'età greca, per poi tentare di offrire un quadro basato, prevalentemente, sulle opere ciceroniane. Nella trattazione sono analizzate, nel dettaglio, le prove "retoriche" e le strategie per il loro utilizzo proficuo nei processi criminali, escogitate sulla scorta delle riflessioni di Aristotele, così come sono riprese nelle opere retoriche di Cicerone. Nel capitolo finale si è invece analizzata l'opera istituzionale di retorica quintilianea, la quale non risulta aver apportato un sostanziale e rilevante contributo di originalità rispetto ai maestri greci. La modernità dei principi e delle strategie retoriche suggerite in ambito processuale dagli antichi, soprattutto in relazione alla valorizzazione retorica degli "strumenti di persuasione", sorprende e ancora oggi è in grado di suscitare ammirazione in quanti, per professione o per mera curiosità culturale, intendano occuparsi di processi criminali nel mondo antico.