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I paradisi fiscali ispirano sentimenti contrastanti. Impressionano se associati al riciclaggio dei proventi derivanti dalle economie criminali, al finanziamento del terrorismo internazionale, alla corruzione finanziaria e alla frode fiscale. Affascinano se visti attraverso la bellezza dei luoghi che li contraddistinguono, i film dell'agente 007 James Bond che li descrivono, e i tesori e i segreti che custodiscono. Nella storia, sono contrastati a fasi alterne dai paesi più industrializzati e dai loro organismi internazionali, come fece il presidente Kennedy nel 1961, e come fanno ora il G8, il G20, l'OCSE e il FATF-GAFI (Financial Action Task Force - Groupe d'Action Financière). Ma in fondo sono anche tollerati. La verità è che essi non sono altro che lo specchio dei tempi in cui viviamo e la morale è che in diritto tributario internazionale il confine tra il rispetto dei nobili principi che lo ispirano, primo fra tutti quello di uguaglianza di fronte alla capacità contributiva, e le inarrestabili esigenze di denaro pubblico tamponate con gli scudi fiscali, è una sottile linea a geometria variabile. Terreno che si è scelto per sperimentare questo assunto con leggerezza ed un pizzico di ironia è quello appunto di questi luoghi, le cui spiagge bianche, acque azzurre e i fondi neri (veri e presunti) sono un patrimonio acquisito dell'immaginario collettivo.