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"Negli ultimi due anni il dibattito, spesso arroventato, sul sistema pensionistico italiano si è sostanzialmente concentrato sulle regole di accesso al pensionamento, o per meglio dire sulla disputa attorno alla cosiddetta «Quota 100», che come noto consente di anticipare sensibilmente il pensionamento se in possesso dei requisiti combinati di età anagrafica (minimo 62 anni) e contributiva (minimo 38 anni). Al di là dei limiti del provvedimento inserito nella riforma delle pensioni (legge n. 26/2019) licenziata dal governo gialloverde (Riforma Di Maio-Salvini, cfr. Jessoula, 2019), limiti che corrispondo alla mancanza di calibratura, rispetto alle condizioni di maggiore bisogno, nell'utilizzo delle (ingenti) risorse investite, nonché al carattere sperimentale e temporaneo della misura, il dibattito attorno alla riforma si è di fatto polarizzato lungo linee di contrapposizione squisitamente politiche, senza riuscire ad articolarsi in un ragionamento approfondito e ben informato sulle criticità dell'attuale assetto previdenziale e sulle misure necessarie ad affrontarle. Alcuni spiragli in questo senso parevano essersi aperti dopo l'adozione della riforma Poletti-Renzi (2016) con la delineazione della cosiddetta «fase 2» del processo di revisione del sistema pensionistico e l'individuazione di due commissioni, che avrebbero dovuto occuparsi dei temi i) delle differenze nelle aspettative di vita e ii) del rapporto tra assistenza e previdenza. Dei lavori delle commissioni si sono però perse le tracce con il duplice avvicendamento al governo - prima gialloverde, poi giallorosso - e gli spiragli per una fase di riflessione empiricamente ben informata su stato dell'arte, problemi e possibili interventi di riforma sul sistema pensionistico italiano si sono presto richiusi con l'approssimarsi delle elezioni politiche del 2018. La sezione tematica di questo numero della Rivista si pone perciò come obiettivo di riavviare il dibattito sulla tutela della vecchiaia e sul sistema pensionistico in Italia, un dibattito che - pur essendo necessariamente (e legittimamente) plasmato da dinamiche politiche competitive, accordi e «scambi» tra i principali attori sulla scena previdenziale - non può prescindere da elementi fattuali e di conoscenza empirica." (Dalla nota introduttiva)