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"Tempo e forma" intende offrire il ritratto di un grande studioso. Noto finora soprattutto al pubblico degli storici dell'arte, Sergio Bettini è una delle figure più vive della cultura italiana del Novecento e in verità delle meno riducibili ai limiti disciplinari. Quel che caratterizza la sua vasta ricerca è semmai il convergere dei diversi percorsi intorno al cardine di un'originale quanto inesausta elaborazione metodologica. Così il saggio giovanile sul non-finito di Michelangelo si lega a quello sui vertiginosi chiarori di Tiepolo, le letture dei contemporanei, come Matisse,]ean Arp, Picasso o Frank Lloyd Wright, fanno da contrappunto a una sorprendente lezione sulla poetica del tappeto orientale, mentre Idea di Venezia compendia, in una trama di immagini proustiane, lo studio di una vita. Dialogando con Erich Auerbach o Roland Barthes, con Merleau-Ponry, Foucault o Deleuze, Bettini ci accoglie nel suo laboratorio, dichiara le proprie ascendenze, forgia e sperimenta i suoi concetti: come quello, personalissimo, di timing, in cui arte e tempo, forma e vita si uniscono così strettamente che «basterebbe una variazione infinitesimale nel suo battere per fare del capolavoro un'opera mancata». In queste pagine di raro tenore letterario, l'erede di Riegl e di Focillon spiega che le forme ci coinvolgono pur non avendo nulla da comunicare, come puri simboli di sé: la nostra vita è la loro, il loro e il nostro mondo non sono che uno. A cura e con un saggio di Andrea Cavalletti.