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C'è un uomo che osserva dalla finestra imponenti lavori sotto casa. Stanno costruendo la nuova sede dei servizi segreti in una piazza di Roma. Non è più giovane, anzi. Dall'infanzia, dalla giovinezza e, un po' per volta, anche dalle altre stagioni della vita riaffiorano frammenti autobiografi ci. È un artista, un pittore; suo padre e suo zio (Alberto Savinio e Giorgio de Chirico) sono stati chiamati i Dioscuri della nostra arte. Ora sono care ombre che l'autore non smette di interrogare e di raccontare attraverso dettagli illuminanti, ma intorno ci sono, narrati per flash, incontri con Sandrino Contini Bonacossi, Garboli, Soffici, Arcangeli, Leoncillo, Niccolò Tucci e Giuseppe Ungaretti, oppure con compagni di scuola, noti e meno noti. La scuola è il liceo classico Torquato Tasso e proprio intorno all'umor nero dell'autore della Gerusalemme liberata si dipana il flusso dei ricordi.