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Il testo ha forma di un dialogo tra due amici: Hieronymus conversa con Lucilius recluso in carcere. Dietro i due personaggi si profilano le figure reali di Cardano e di Lucillo Filalteo, che gli fu collega nello Studio pavese. Nel dialogo, redatto durante i processi intentatigli dall'Inquisizione, Cardano sintetizza la propria filosofia morale e il carcere diviene una metafora della condizione umana, che riflette il lucido disincanto del sapiente rinascimentale.