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Nel contesto culturale del I secolo della nostra era, scrivere una vita di Gesù, quello che noi chiamiamo un vangelo, costituiva una sfida apparentemente impossibile da accettare. Non c'era soltanto da ispirarsi al precedente biblico: le vite di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Giuseppe, di Mosè e di altri eroi. Bisognava anche affrontare il genere greco-romano della biografia, i cui protagonisti erano esclusivamente dei grandi uomini, che godevano di un ampio riconoscimento sociale. Ora, Gesù, rifiutato dai suoi correligionari perché morto in croce come bestemmiatore e approfittatore della buona fede popolare, non poteva a priori pretendere di avere una biografia di questo tipo. I vangeli sinottici hanno, perciò, riconfigurato il genere «biografico» dell'epoca avvalendosi in modo inedito e creativo del riconoscimento. Dietro alla nascita del genere evangelico c'è, dunque, l'invenzione di un modello narrativo di insieme, il cui punto focale è il riconoscimento di Cristo nel suo paradosso pasquale. Questo modello è la ragione d'essere dei racconti attribuiti a Matteo, Marco e Luca.