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All'invito di Benedetto XVI ad "allargare la ragione" non può certo sottrarsi il matrimonio. La difficoltà a riconoscere il senso intero dell'incontro uomo-donna è tale da invocarne una vera e propria rielaborazione. È congruo continuare a pensare che l'amore è frutto dell'orto del "sentimento di coppia", mentre i doveri del matrimonio sono imposizioni legate al dover sorreggere, lui e lei, la "cellula prima" della società? Poiché "ragionevole è sottomettere la ragione all'esperienza" ecco la lettura del "ti amo" conforme a quanto è sotteso a tale evento. Se lei non può colmare l'anelito che pure ha suscitato in lui ne consegue l'irrazionalità del a priori laicista: "se Dio c'è, non c'entra". Il Magistero ha aperto una via di conoscenza esistenziale dell'amore lui-lei. Ne emerge la fisionomia personalizzante del patto: nell'appartenenza personale alla comunità cristiana la funzione ecclesiale di coniuge coincide, di fatto, col cammino dell'io al suo compiersi.