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Perché i professori universitari fanno quello che fanno? Cosa professano? Pagati per pensare, produrre e trasmettere sapere, non appena varcano la soglia dell'accademia molti di loro smarriscono la strada che per statuto sarebbero tenuti a percorrere. Prendendo spunto da vicende autobiografiche, il libro pone interrogativi sullo "stato delle cose presenti" nell'università italiana: sulla sopravvivenza di pochi maestri, sulla moltiplicazione della casta dei professori negli ingranaggi del potere, sulla legge e sulla prassi del reclutamento di nuove leve tra scuole scientifiche e cartelli accademici. Il testo alza il velo di certe ipocrisie dall'interno, esplorando la distanza tra come potrebbe essere e come in effetti è il mondo universitario. L'autore, professore pure lui, descrive il proprio ambiente di lavoro senza misericordia: ma appunto per questo, nel prenderlo sul serio, tiene viva l'idea della sua ragion d'essere, traendo personale ispirazione dalla ricerca e dalle sue inevitabili conseguenze.