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Al centro dell'indagine è la questione della "fortuna" di Vico nel linguaggio e nella mentalità degli storici e dei giuristi italiani di primo Settecento, interessati a indagare sul fondamento della validità storica dello ius romano, a porre criticamente il problema della sua continuità d'uso nell'età del diritto comune, ancora vigente, entro certi limiti, in Occidente e al centro del moderno dibattito sulla questione feudale. Una riflessione che se da un lato (da Gravina a Pagano) respinge l'isterilimento dogmatico delle discussioni umanistiche sull'origine dell'antico ius, dall'altro conosce, alla fine del secolo, la sua critica più radicale che ne denuncia l'inaccettabile deformazione bizantina e medievale nelle vigenti disposizioni legislative.