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Poeta, etnologo, scrittore inesausto di sé e, quindi, dell'altro, Michel Leiris ha riconosciuto nello spazio dell'arte un luogo privilegiato di riflessione e di verifica della propria scrittura autobiografica, una rischiosa letteratura "che impegna" messa a reagire con l'evidenza e la forza, talvolta crudele, delle immagini. A partire dalla stagione surrealista, a cui risale, tra l'altro, l'incontro con Masson, Picasso e Giacometti, e sino agli anni Ottanta, quando è nell'opera di Bacon che individua il riflesso più intenso della propria sensibilità di scrittore di sofferta "realtà", Leiris non interrompe mai il suo dialogo con le figure e i fatti dell'arte, facendo dell'attività critica un'esperienza di soggettiva verità. Di questo lungo e sempre vigile itinerario, segnato dal costante confronto con il pensiero di Breton e, soprattutto, di Bataille, il saggio restituisce la complessità, evidenziando come il contributo critico di Leiris, studioso dell'arte negra e sottile interprete della tauromachia, si offra nella sua consapevole ambiguità come indicazione credibile e vitale all'interno del contemporaneo dibattito sulla teoria e la critica dell'arte.