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Nell'Impero romano la convivenza forzata di culture diverse, la concessione della cittadinanza (civitas) alla fine del servizio e il riconoscimento delle unioni di fatto (conubium) dei milites furono strumenti di integrazione sostanziale, che per secoli contribuirono alla sicurezza e alla prosperità. Tali privilegi concessi agli stranieri - elargiti almeno sino al II sec d.C. - furono particolarmente graditi, anche perché consentivano la legittimazione dei figli. Nella Roma antica, infatti, l'esercito era un prezioso strumento di assimilazione dei sudditi provinciali e degli immigrati. Dopo che l'impero divenne multietnico nel 27 a.C., il controllo delle truppe, di origine prevalentemente non romana, fu fondamentale non solo contro i nemici esterni ma anche per mantenere l'ordine all'interno dei confini. Il libro analizza questo peculiare aspetto della politica militare romana, alla luce della documentazione disponibile (in particolare, i testi legislativi e i diplomata militari) e fornisce anche una breve analisi di alcune esperienze moderne d'integrazione degli stranieri attraverso lo svolgimento del servizio militare. L'Autore riesce così a render conto dell'attuale inclinazione a proporre suggestivi parallelismi - non sempre corretti - tra l'Occidente contemporaneo e l'antica Roma, in particolare per quanto riguarda la "grande strategia", il rapporto con gli immigrati e il "decline and fall" dell'Impero.