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Qual è il rapporto fra padre e figlio? Come si costituisce? Quale ne è la sostanza? Ermanno Bencivenga affronta il tema di questa particolarissima relazione attraverso due esempi icastici, che pongono al centro dell'attenzione due testi fondazionali della nostra cultura e ne danno un'interpretazione assolutamente originale. Si parte dall'Odissea, che in questa lettura diventa la storia non di Odisseo ma di Telemaco. È Telemaco che sceglie, fra i tanti naufraghi e viandanti che si presentano a Itaca nel corso degli anni dicendo di essere Odisseo, chi sia suo padre. Con un lavoro da detective, esaminando il peso delle varie parti dell'opera e i suggerimenti occasionali di Omero, viene ricostruita la natura arbitraria di questa scelta: che il naufrago in questione sia davvero Odisseo, ci dimostra Bencivenga, in fondo noi non lo sappiamo, e soprattutto non lo sa Telemaco; è lui a deciderlo, è il figlio a stabilire chi sia suo padre. Il secondo esempio è Pinocchio, solitamente interpretato in modo edificante come la crescita di un bambino da uno stato meccanico e disarticolato, mediante l'assunzione di responsabilità sociali, a uno stato finalmente umano. Viceversa, questo è il libro di Geppetto, che arriva a scegliere suo figlio e a scegliere di essere padre. Un bellissimo testo di David Foster Wallace, tratto da Brevi interviste con uomini schifosi, viene qui usato come contraltare: è Geppetto - a differenza del padre del racconto di Wallace, che muore senza cambiare atteggiamento - a umanizzare progressivamente il figlio e a riconoscerlo come tale.