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Al largo delle coste italiane, su uno dei barconi che provano ad approdare a vita migliore, c'è Malalai, una ragazza di diciassette anni. È coraggiosa, uno spirito libero. Il suo nome è quello di un'eroina leggendaria e, anche se è nata sotto la guerra civile, nel suo cuore è ancora vivo il ricordo di un Afghanistan diverso, un posto magico in cui il silenzio degli umani lascia spazio all'ombra allungata dei melograni in fiore, al canto degli uccelli nel mercato di Ka Faroshi, alle distese di pistacchi e di asfodeli gialli, alle cime innevate che si intravedono in lontananza. In quel Paese è cresciuta sua madre Bibi: una donna colta, femminista, intraprendente, che girava col volto scoperto e il cranio rasato. Malalai non l'ha mai conosciuta, ma è a lei che pensa ogni volta che ha bisogno di farsi coraggio. Adesso che a Kabul le strade sono piene di cenere e di uomini armati vestiti come corvi, "cattivi come solo in Afghanistan e nelle favole", di coraggio ne serve tanto. Bisogna fuggire, sottrarsi a un destino segnato. È suo padre a procurarle un nome e un indirizzo: a Roma c'è un vecchio amico, tutti lo chiamano "il maestro". È l'ultimo legame con il passato, l'ultimo custode della memoria di Bibi. E Malalai deve andare, per sopravvivere.