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28 giugno 1919, Palazzo di Versailles. Nella stessa reggia che mezzo secolo prima aveva ospitato la proclamazione del Secondo Reich, siedono i rappresentanti di quarantaquattro Stati chiamati a ratificare il trattato che metterà la parola fine alla Grande Guerra. Un evento di portata globale, che - per la prima volta nella storia - attira l'attenzione massiccia di media e opinione pubblica. Sulla conferenza di pace si appuntano speranze, progetti e aspirazioni di natura diversa: richieste di indipendenza e autodeterminazione, bisogno di stabilità, l'esigenza di sancire un nuovo ordine che garantisca la concordia internazionale, ma anche desideri di rivalsa, spinte nazionalistiche, richieste di giustizia. E, su tutto, la rabbia delle popolazioni coinvolte nel conflitto. Elementi difficili da conciliare. Tanto che, già negli anni Trenta, in molti avrebbero attribuito alle scelte compiute in quella sede la responsabilità di ciò che si iniziava a delineare: la fine della Repubblica di Weimar, l'ascesa al potere dei nazisti e l'avvento della Seconda guerra mondiale. A cent'anni dalla controversa conferenza di pace, questo volume ne propone al lettore un bilancio lucido e scevro da pregiudizi, basato su una ricostruzione puntuale, precisa, documentata e al contempo avvincente. Eckart Conze ci mostra come il conflitto sia continuato nelle menti e negli animi di popoli piagati dagli scontri e infiammati dalla propaganda. Mentre antichi imperi venivano cancellati dalle cartine e nuovi Stati nazionali reclamavano il proprio spazio, le lotte proseguirono. E quella pace che nessuno voleva si mostrò presto per ciò che era realmente: una grande illusione.