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Sedersi al bar di Traversetolo per giocare una mano di scopone scientifico con il vecchio Tito, detto "Il Migliore", è impresa che richiede coraggio, nervi d'acciaio e talento. Anche per chi è abituato a sfide sportive di altissimo livello. Ma il solo talento basta per conquistare grandi vittorie? O piuttosto è necessario un capo che spinga i propri uomini oltre i loro limiti, che abbia il carisma per farsi seguire, che sappia tutelare e valorizzare il lavoro del gruppo, gestire le sconfitte e le vittorie? E soprattutto: capi si nasce o si diventa? È questa la domanda centrale dalla quale muove Gian Paolo Montali per analizzare i meccanismi di leadership con il suo stile unico, nello stesso tempo profondo e ironico, semplice e ricco di riferimenti e aneddoti. E, facendo ricorso alla sua straordinaria esperienza di uomo di sport e di azienda (cinque Scudetti, sedici coppe, un Mondiale, due campionati europei e un argento alle Olimpiadi in venticinque anni di pallavolo, prima di sedere nel Consiglio di Amministrazione della Juventus ed essere Direttore generale della Roma), svela i suoi segreti, introduce concetti innovativi come quelli di impollinazione e contaminazione, smentisce tanti luoghi comuni che vorrebbero il buon capo autoritario e tutto d'un pezzo, o che "squadra che vince non si tocca".