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Nel 1992, durante una seduta di psicoterapia nel manicomio criminale di Säter, in Svezia, Thomas Quick dichiara di aver ucciso un ragazzino di undici anni. Comincia così una confessione lunga un decennio: uno dopo l'altro, Quick si attribuisce infatti oltre trenta delitti bestiali, a sfondo sessuale, durante i quali avrebbe stuprato, torturato, fatto a pezzi e mangiato le sue vittime. Qualcosa però non torna: anche se il reo confesso è in possesso di particolari riservati e noti esclusivamente agli inquirenti, che solo il vero colpevole può conoscere, mancano le prove materiali, mancano i testimoni; soprattutto, il suo racconto è pieno di contraddizioni. Le perplessità sono molte e il caso non ha mai smesso di comparire sulle prime pagine dei quotidiani svedesi ed europei: perché qualcuno dovrebbe confessare dei crimini che non ha commesso? E perché dovrebbe continuare a farlo davanti a una giuria pronta a emettere una sentenza di condanna per omicidio? Ossessionato da questa storia, Hannes Råstam si immerge per anni nelle torbide acque del caso, ripercorrendo nel dettaglio il lungo filo delle indagini: vaglia ogni interrogatorio, ogni dichiarazione, rilegge centinaia di sentenze, studia le ricostruzioni della polizia, i registri, le cartelle cliniche. Perché un dubbio lo tormenta e lo riempie d'orrore: è possibile che procuratori, medici e avvocati abbiano trasformato un malato di mente in uno dei peggiori serial killer della storia criminale?