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Ci sono più di un miliardo e mezzo di musulmani nel mondo, ma non tutti i figli dello stesso dio hanno gli stessi diritti: molti di loro vivono e tacciono dietro un velo fatto di ignoranza propria e ipocrisia altrui. Sono le donne dell'Islam. Ayaan Hirsi Ali è stata una di loro: destinata a un matrimonio combinato, ha disonorato la famiglia fuggendone; ha rotto i ponti con l'autorità maschile rappresentata dal padre, che nemmeno in punto di morte ha avuto per lei una parola di perdono; e solo oggi, a fatica, è riuscita a ricucire i rapporti con la madre. In "Nomade", seguito ideale della controversa autobiografia "Infedele", racconta la sua esperienza di figlia e di donna in un contesto culturale in cui l'altra metà del cielo è ancora costretta alla mutilazione genitale, alla schiavitù coniugale, alla lapidazione. Il racconto della sua vita diventa infatti il punto di partenza di un viaggio nel cuore delle comunità islamiche del libero Occidente, ad ascoltare le testimonianze di decine di donne maltrattate e oppresse. Per concludere che da questa terribile realtà si può uscire solo con una solidarietà nuova, capace di coinvolgere le scuole, la politica, la Chiesa. Non esiste, sostiene l'ex musulmana Ayaan Hirsi Ali, un Islam moderato.