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"Io mi occupo di sentimenti e so che basta un momento di abbandono, un lutto, una ferita che abbia distrutto la propria autostima per perdersi nella droga e non tornare più indietro." Negli ultimi anni se si escludono le notizie di cronaca nera, è calato il sipario sulla diffusione della droga, sul come affrontare i drammi che coinvolgono intere famiglie, come fosse semplicemente una questione privata, o addirittura normale. Un silenzio che Vittorino Andreoli non accetta e che ha deciso di rompere presentandoci il suo punto di vista con grande semplicità. A partire dalla sua lunga esperienza nel mondo delle realtà più difficili, Andreoli prende per mano il lettore e lo accompagna in un'esemplare ricognizione nei luoghi dell'anima, rivolgendosi non solo a chi la droga la tiene dentro la testa, ma anche a chi la tiene in tasca e potrebbe usarla, a chi teme che i propri figli ne siano già parte. Pagina dopo pagina, "Carissimo amico. Lettera sulla droga" non offre uno sguardo accusatore, ma quello lucido di un uomo vicino al dolore dei suoi simili e che difende "il diritto a non drogarsi" perché non c'è libertà nella dipendenza. Un libro che dice che cosa succede nella relazione tra un giovane e le droghe, e che da voce al dolore di chi è costretto a convivere con questa terribile realtà.