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Kouniò Baràm, chiuso in una stanza, cerca di dimenticare l'orrore che lo circonda e che avvolge la sua esistenza. Nel quartiere ghetto in cui vive con altri immigrati, a Verona, assiste impotente alla spedizione punitiva di "bravi ragazzi" bianchi in sella a potenti motociclette in preda all'alcol e alla droga. Devastano indisturbati, stuprano, incendiano, uccidono, per noia o come giustizieri della notte. Ripensa e rivive il luogo magico che da Tireli, un villaggio dogon, lo ha portato ad approdare sulla terra dell'Occidente. Ha lasciato terre vastissime e silenziose, popolate dai suoi cari, fiumi maestosi, alberi giganteschi, donne e uomini che ti accolgono con un sorriso, per approdare a Marsiglia, e poi a Verona. E il contatto con l'uomo bianco e la sua civiltà diventa proposta di vita in un mondo fondato sulla violenza del potere, sull'ingiustizia, sul pregiudizio, sulla cieca sopraffazione. Ma non serve ribellarsi, e così Kouniò pensa di sottrarsi a questa proposta con un viaggio a ritroso, seppure fatto di solo desiderio, verso la terra dei suoi morti, vera terra promessa. Anche in questo romanzo, Andreoli, ci mostra con crudezza e partecipazione gli aspetti feroci e immani che contraddistinguono questa nostra società, troppo occupata a perseguire un folle e spietato delirio d'onnipotenza, ma ci dice anche che la via perduta la possiamo ritrovare fermandoci un momento e ripensando al passato da cui veniamo.