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Poeti nuovi, accanto ad altri, molto conosciuti, qui presenti e accomunati da una potente novità: da alcuni anni scrivono poesia per il teatro, o teatro in versi. Un genere rarissimo nella poesia italiana, e non diffuso comunque nel moderno Occidente. Ma è il genere da cui nasce una costola fondante della nostra cultura, e prodigiosi capolavori: Eschilo, Sofocle, Euripide, i grandi tragici greci, sono poeti, è anzi proibito comporre tragedie in prosa. Shakespeare e i grandi elisabettiani, Marlowe, Kidd, Spencer, sono poeti. Poi i due generi tendono a separarsi, con la nascita del teatro borghese, il cui spazio si divide da quello della poesia. Nel Novecento Thomas Eliot riporta con forza i due generi a una fusione, pur essendo insuperabile come poeta in senso tradizionale, e sulla sua scia Mario Luzi. Verso la fine del secolo Roberto Mussapi prima con Voci dal buio, poi con ha grotta azzurra, e una serie crescente di opere drammatiche, radiofoniche, oratori, riprende con forza e convinzione la poesia per teatro, e l'attenzione alla sua opera, sulle pagine e in scena, suscita in molti autori più giovani il desiderio di questa uscita dallo spazio lirico, che non è certo un rifiuto, ma un'estensione della poesia lirica stessa. Semmai un ritorno alle sue fonti, analogo al ritorno all'epica e al racconto. Bona Vox propone le opere di autori che in questo decennio sperimentano con felicità la nuova e antica avventura.