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Ne va della salvezza. Due interlocutori si intrattengono in un giorno d'estate, è un'altra fiction, su ciò che si muove interno al nome, in particolare intorno al nome del nome e al nome di Dio e a ciò che esso diventa in ciò che si chiama la teologia negativa, là dove il SopraNome nomina l'innominabile, e a sua volta ciò che non si può e non si deve nominare, definire o conoscere, perché dal principio ciò che esso sopranomina si sottrae, senza mantenersi, al-di-là dell'essere. Là dove una teologia negativa sembra aprire su una «politica» a venire (oggi o domani), una tale fiction rischia ancora qualche passo come erede sulle tracce o vestigia di un «cherubinico errante» (Angelus Silesius). Che cosa è un SopraNome, ciò che vale più che il nome, ma anche che viene al posto del nome? E che non si dà mai per la salvezza del nome infine Salvo? Per la salvezza, semplicemente, il buongiorno o l'addio?