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Tredici anni dopo "Totalità e infinito" Lévinas scrive "Altrimenti che essere", ove ritorna sulle tematiche di fondo lì affrontate sviluppando con una diversa profondità questioni in quella sede solo abbozzate. Interpretare la soggettività come pazienza, passività, uno-per-l'altro, esposizione, espiazione, ostaggio, come responsabilità per altri e poi come sostituzione, è questo l'oggetto di Altrimenti che essere. Lévinas mette in discussione il riferimento della soggettività all'Essenza e il «trovare all'uomo una parentela diversa da quella che lo lega all'essere». Intrecciando il tema della soggettività umana con quello della trascendenza, l'autore critica il primato dell'essere, cercando così un senso di trascendenza che sappia andare al di là dell'ontologia: tale critica viene condotta alle sue estreme possibilità, sino al punto in cui la filosofia cessa di pensare (e di ridursi) al problema dell'essere e del suo detto, per aprirsi alla dinamica dell'altrimenti e dell'ai di là, rendendo questo saggio, per il rigore argomentativo, opera fondamentale della riflessione levinassiana.