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La situazione attuale ci obbliga a recuperare e inventare nuove e diverse modalità di convivenza, con processi educativi, culturali e politici che riconsiderino radicalmente il concetto stesso di sviluppo, praticando un cambiamento di paradigma: dal capitale fondato sulla crescita esponenziale dei profitti che si concentrano in poche mani alla valorizzazione dei fattori umani, sociali e ambientali di cui le civiltà contadine e i popoli originari, da sempre, sono promotori. Le loro forme di organizzazione sociale, basate su un sistema di coesistenza tra natura e uomo, non sono state liquidate perché incompatibili con il progresso o la modernità, ma perché incompatibili con la concentrazione dei beni in base alle leggi di mercato, che ancora oggi continuano a voler sopprimere l'educazione e il mondo socio-economico contadino, i popoli indigeni, la loro cultura, la loro natura, il loro socialismo precapitalista, la Madre Terra. Facendo la spola tra le due sponde dell'Oceano, attraverso un volo ideale dagli Appennini alle Ande, raccontando storie e pratiche secolari dei cafoni del nostro Meridione e degli indios boliviani, emerge in queste pagine lo spaccato di un'educazione e una pratica sociopolitica di popoli capaci di un equilibrio produttivo con la natura, di saggezza redistributiva nell'amministrazione di ricchezze e risorse, portatrici di un'idea alternativa di progresso che non si appiattisce sulla ricerca del profitto.