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La città di Venezia, crocevia di mondi e di culture, contava, tra basso Medioevo e prima età moderna, comunità consistenti di stranieri tedeschi, albanesi, dalmati e slavi, greci, armeni, ebrei e turchi musulmani, oltre a un numero assai considerevole di schiavi. Questo volume analizza le modalità di inserimento degli stranieri, le loro strategie di adattamento alla città e la pluralità di interazioni tra la società di accoglienza e le sue minoranze. L'autore mette a fuoco le relazioni tra singoli e minoranze: come interagivano, come comunicavano con il gruppo maggioritario, come percepivano se stessi e la società ospite e come agivano in contesti di stretta prossimità e di assidua frequentazione. Emerge così quanto succedeva nelle strutture sociali di base e nelle aree di interconnessione, là dove i confini culturali e identitari erano più rarefatti e maggiori gli spazi per i compromessi e le reciproche contaminazioni. Ne è risultato il volto, di una società pluralistica di antico regime, fatta, come a Venezia, di convivenze plurime, di innesti regolari di persone, saperi e conoscenze e di confronti quotidiani tra diverse tradizioni culturali e religiose.