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Il volume ricostruisce la rete protoindustriale della produzione della carta presente nello Stato della Chiesa tra Sette e Ottocento, con particolare attenzione alle modalità di organizzazione interna delle manifatture e ai tentativi messi in atto dal governo pontificio per regolamentare il mercato degli stracci da carta, condizionato da numerose privative di antica origine e dall'azione di incettatori e mercanti pronti ad aggirare le norme e a operare nell'ambito del contrabbando pur di salvaguardare i profitti. Tra fasi di liberalizzazione e di sostanziale chiusura, le autorità pontificie modellarono un mercato funzionale sia agli interessi dei proprietari delle cartiere, sia alle esigenze dei ceti popolari, ai quali appartengono i raccoglitori di cenci. Se l'economia degli stracci muoveva una complessa serie di figure che a Roma ruotava intorno all'università dei ferrivecchi e degli straccivendoli, sul fronte opposto alle norme varate dallo Stato, nel tentativo di salvaguardare una rete economica in difficoltà, si muovevano trafficanti e accaparratori privi di scrupoli, i cui comportamenti rimandano ai temi dell'etica e delle pratiche mercantili.