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In un clima politico in cui si nega l'importanza della cultura perché non produce denaro, perché "di cultura non si vive", questo vivace intervento farà certamente discutere. È singolare constatare come proprio il Paese "che ha la cultura nel suo DNA" sia anche quello che è rimasto aggrappato a vecchi schemi e a concezioni obsolete, prima fra tutte la distinzione netta tra salvaguardia del patrimonio artistico e produzione culturale contemporanea. Lo scrigno in cui conserviamo il patrimonio artistico è però diventato, di fatto, una tomba che ospita il rimosso della cultura e imprigiona il Paese da almeno trent'anni in una condizione di amnesia collettiva e di paralisi. Da questa trappola bisogna uscire: secondo gli autori, innovazione, creatività e produzione culturale sono gli unici elementi in grado di rompere il blocco psicologico che sembra attanagliare l'Italia, anche sul versante economico, e possono diventare i fattori propulsivi della ricostruzione identitaria del Paese.