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Con "La pace perpetua del buon selvaggio" si conclude la Storia del diritto naturale moderno promossa e coordinata da Franco Todescan. Seguendo un taglio non rigidamente manualistico ma, per così dire, "monografico", il piano organico si è sviluppato con l'esame dei precedenti medievali ("La coscienza giuridica medievale", di G. Maglio), della Seconda Scolastica ("Lex, natura, beatitudo", di F. Todescan), dei maggiori giuristi ("Le radici teologiche del giusnaturalismo laico", di F. Todescan) e filosofi ("L'alba del Dio mortale", di R. Santi, C. Ciscato, A. Affinito) del Seicento, dei più significativi giuristi ("Illuminismo giuridico e diritto naturale", di G. Dioni, G. M. Maffei, T. Opocher) e filosofi ("La pace perpetua del buon selvaggio", di F. Corigliano, F. Berti, A. Mazzei) del Settecento. Il punto di partenza è stata l'esigenza di riflettere attentamente sull'usuale contrapposizione fra Scuola classica e Scuola moderna del diritto naturale, centrata sulla polarizzazione rispettivamente dell'una sul principio della naturalità della legge (che ne connota l'indirizzo «oggettivo»), dell'altra invece sul principio della naturalità dei diritti dei singoli (che ne impronta il carattere «soggettivo» e individualista). Una tale tesi, a prima vista seducente nella semplicità e linearità dei suoi contorni, richiedeva un'attenta verifica storiografica. Il fil rouge della presente Storia è stato pertanto un tentativo di approfondimento filosofico-giuridico e filosofico-politico del passaggio dall'una all'altra Scuola, per vedere se e lungo quale percorso il razionalismo e l'individualismo tipicamente moderni si siano sviluppati nel campo del diritto naturale, mutandone i connotati originari attraverso una lenta opera di secolarizzazione.