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La grande divisione che ha dominato il Novecento, quella tra collettivismo e capitalismo, è scomparsa. Nella società postideologica e competitiva la frustrazione che nasce dal confronto con chi ha più di noi, si connota come invidia: gli invidiosi si scrutano reciprocamente, timorosi di restare indietro nella corsa per l'autoaffermazione, pronti a colpirsi reciprocamente. Ma l'invidia è anche un meccanismo di difesa per mascherare l'insicurezza radicale di cui tutti soffrono. Nel libro di Alberoni l'invidia viene presentata come la manifestazione della solitudine dell'individuo, della perdita di un rapporto autentico con gli altri: solo ritrovando questo rapporto la persona invidiosa potrà guarire dalla sua malattia.