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Concepiti come «monumento funebre» per Wera Ouckama Knoop, una danzatrice scomparsa a soli 19 anni, "I sonetti a Orfeo" (1923) cantano il dolore della perdita e insieme l'eterno ciclo della vita e della morte: non un requiem, dunque, ma piuttosto un inno all'incessante divenire, alla infinita metamorfosi dell'essere. La figura di Orfeo, il cantore del mito che si muove tra il regno dei vivi e quello dei morti, incantatore di fiere e artefice di rinascite, è il simbolo perfetto del poeta che celebra il perenne mutarsi della materia nello spirito e dello spirito nella materia e sottrae le creature alla finitezza e all'usura del tempo. Insieme alle coeve "Elegie duinesi", i "Sonetti" rappresentano il culmine della maturità artistica di Rilke, un miracolo di perfezione in cui il poeta supera la cultura della crisi di fine secolo per approdare a una nuova visione della vita. Introduzione di Maddalena Longo. Prefazione, traduzione e note di Rina Sara Virgillito.