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"Un romanzo straordinariamente complesso: contorto, convulso, irritante, il meno compreso e forse il più discusso dalla critica e dal pubblico", scrive Fausto Malcovati nell'introduzione. Nessun altro romanzo ha avuto una gestazione altrettanto laboriosa: ne "L'adolescente" tutti i temi si ritrovano, le grandi linee narrative precedenti e successive si intrecciano, affiorano e riaffiorano: "lì dentro ci sono almeno quattro romanzi", scrive l'autore in una nota. Morale e sociale, individuale e collettivo, il disordine è il tema portante che innerva tutta la narrazione.
L'adolescente è un titolo che lascia trapelare molto del libro che lo porta: l'adolescenza è un'età di transizione, confusa, in cui si vogliono inseguire i propri sogni senza programmare il futuro o ridurre in schemi predefiniti la propria vita. Allo stesso modo si presenta quest'opera, così densa di pensieri affastellati l'uno sull'altro e priva di una struttura narrativa forte. È il diario del giovane Arkadij Dolgorukij, per la verità ventenne, nato dalla relazione tra il principe Dolgorukij e la sua serva Sofia Andreevna, e perciò illegittimo: questo è motivo di una profonda sofferenza per Arkadij, il quale, come egli stesso confessa nelle pagine finali, lo spinge a riscattare la sua condizione allontanandosi dalla sua casa e inseguendo sogni di ricchezza e indipendenza. Il termine romanzo sembra improprio per questa raccolta di sensazioni, aneddoti, confessioni e intrighi: si tratta di un insieme di storie che sembrano incontrare casualmente la strada di Arkadij, tutte apparentemente indispensabili alla comprensione globale della vicenda perché intrecciate tra loro, eppure spesso secondarie, semplice retroterra di un singolo personaggio. Il loro essere contingenti e incomplete, però, è la molla che spinge a continuare avidamente a leggere, pensando che magari qualche pagina dopo si troverà la conclusione o la spiegazione di qualcuna delle vicende: il protagonista le introduce come se avesse paura di dimenticarsene, e così preso dall'accumularne non riesce più a dominarle, le dimentica, promettendo magari al lettore chiarimenti ulteriori. Lo stile febbrile e le vicende di Arkadij fanno quindi pensare a un giovane della Beat Generation ante litteram, in perenne fuga da qualcosa e con una meta opaca, non identificata dallo stesso viaggiatore, intento solo a lasciarsi trascinare dal corso degli eventi e schiacciando la sua impronta sulla strada in modo casuale: solo per affermare la sua presenza e la sua potenziale capacità di dominare la propria esistenza, ma non per darle una direzione.