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Il medesimo materiale storico dei libri di Samuele e dei Re torna filtrato, arricchito e interpretato da un sacerdote di Gerusalemme che scrive intorno al 300 a.C. Per l'autore il Tempio e i sacerdoti occupano il centro della narrazione: la scelta decisamente teologica mira a disegnare le condizioni del regno ideale al di là delle reali contingenze storiche dell'esilio e del post-esilio, proiettando sull'epoca di Davide il presente e soprattutto il futuro: suo interlocutore è il popolo timorato di Dio, una comunità santa che vedrà realizzarsi le promesse fatte a Davide.