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Due mesi dopo gli eventi del maggio 1968, che avevano innescato, tra l'altro, la cosiddetta «rivoluzione sessuale», Paolo VI promulga la sua settima e ultima lettera enciclica, conosciuta universalmente come l'Humanaevitae. In quel testo papa Montini sintetizza la dottrina della Chiesa sulla genitorialità responsabile, sul valore della vita umana e sulla bontà dell'amore coniugale. La lettera mette in guardia dai limiti della tecnica, che non può da sola risolvere i grandi problemi dell'uomo; ricorda la necessità di alcune rinunce nella vita morale e i rischi dell'egoismo; smaschera il pericolo dell'aborto, cui porterebbe una mentalità antinatalista a oltranza; fa intravvedere le conseguenze del consumismo. Le tematiche poste dall'Humanae vitae vanno ben oltre le questioni della sessualità coniugale e del controllo della natalità. Nell'enciclica si affrontano due visioni del mondo, due concezioni della persona umana, della coscienza e dell'autorità, del significato del corpo, della creazione, dell'autonomia e della libertà. Cinquant'anni dopo, una puntuale e approfondita rilettura dell'enciclica permette di coglierne lo «spirito profetico».