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L'espressione "Chiesa 'a due polmoni'" ha poco più di settant'anni. Pare l'abbia usata per la prima volta nel 1930 il poeta russo V. Ivanov. Questa suggestiva metafora, ricca di forza simbolica, ha subìto col tempo diverse applicazioni. Giovanni Paolo II l'assume e l'utilizza con continuità, facendone una parola d'ordine del suo pontificato per indicare il progetto di realizzazione della piena comunione tra Oriente e Occidente nell'unità cattolica. Il saggio proposto da Petrà si apre con uno studio sull'evoluzione e sul significato del linguaggio dei 'due polmoni', che consente di ben vedere come sotto questa immagine si nasconda in realtà la questione della cattolicità del magistero e come tale questione debba essere formalmente e adeguatamente affrontata per evitare difficili compatibilità all'interno del magistero stesso. Ne sono un esempio alcune differenze che l'autore riscontra tra il Codice di diritto canonico (CIC), il Codice dei canoni delle Chiese Orientali (CCEO), il Catechismo della Chiesa cattolica (CCE) e l'esortazione apostolica Pastores dabo vobis. Il saggio affronta poi concretamente un caso di difficoltà del magistero cattolico, quello concernente la legge sul celibato ecclesiastico. Riscontra l'inclinazione di documenti e testi ad assumere posizioni prettamente latinocentriche, quasi dimentiche dell'esistenza della tradizione orientale, che contempla il sacerdozio uxorato.