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I cristiani hanno osato rappresentare Gesù crocifisso solo cinque secoli dopo la sua morte. Quel supplizio infamante, discorso paradossale su Dio, è "scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani", come scrive san Paolo nella Prima lettera ai Corinti, e al tempo stesso "buona novella" dell'intero vangelo. Una morte simile a quella dei banditi e degli schiavi e tuttavia evento salvifico per l'umanità, come hanno visto i padri del concilio di Nicea, che nel 325 hanno formulato le parole che sono ancora oggi al cuore del Credo: "Crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto". Dopo il Vangelo di Marco, le Lettere di Paolo e gli scritti apostolici, un'emozionante composizione traduce in musica proprio il testo latino del Credo: è la Messa in si minore di Bach (1749), le cui parti centrali riguardano l'incarnazione (Et incarnatus), la morte sulla croce (Crucifixus) e la risurrezione (Et resurrexit). Il Crucifixus è esattamente al centro della composizione, come la morte del Figlio di Dio è al centro della salvezza dell'umanità.