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?«Ero a Lourdes la notte in cui il terremoto ha sfigurato Accumoli, Amatrice e Arquata del Tronto. Alle 4 squilla il telefonino. Un prete del mio paese mi dice della scossa. Comincio a chiamare i parroci. Alle 6 prenoto un biglietto per rientrare in Italia. Alle 7 mi chiama il papa, alle 16 sono ad Amatrice». Sono i ricordi del vescovo di Rieti, che nelle pagine di questo breve libro raccoglie i discorsi rivolti alla sua diocesi colpita dal sisma. Una riflessione sulla vita e la morte, sulle ferite aperte, sull'intimità violata, sulla fede che si confronta con la presenza di Dio e le responsabilità dell'uomo. Ma anche con l'esigenza di immaginare altro rispetto alle macerie. «Paradossalmente, essere in ginocchio apre una visuale diversa e più libera per pensare un altro modello di sviluppo», scrive Pompili. «L'umiltà ci rende più vicini alla terra ferita, più capaci di ascoltarla e forse anche più capaci di inventare per quei borghi nuove forme di presenza».